Il Casone Rosso, che prende il nome dal colore dell’intonaco esterno, è uno dei rari esempi di architettura rurale della zona ancora visibile; si pensi che nel territorio della Saccisica intorno al 1960 si contavano circa quattrocento casoni. La struttura venne costruita agli inizi del Novecento: a pianta quadrata, ha i muri perimetrali esterni e i divisori interni realizzati in mattoni cotti al sole e ricoperti di intonaco bianco all’interno e rosso all’esterno. Il tetto, di forma piramidale, è realizzato con intelaiatura lignea, mentre la parte esterna è ricoperta da canne palustri legate insieme. La sommità del tetto è a domo, con una fila di tegole sovrastate da una fila trasversale di coppi. Le finestre, piuttosto piccole, sono chiuse da uno sportello in legno. Il pavimento era originariamente in terra battuta. Gli spazi interni sono angusti ed essenziali: un ingresso, una piccola stalla, una camera, un ripostiglio e la cucina; il sottotetto era utilizzato invece come fienile. Alla struttura originaria, con l’ampliarsi della famiglia, furono aggiunti una stanza da letto e i servizi igienici lungo il lato est. Il casone è circondato da un grande appezzamento di terreno.
Nel 1993 la struttura subì un incendio disastroso, che causò ingenti danni. L’abitazione venne dunque ristrutturata grazie ai fondi del Comune, della Provincia e della collettività e venne ricostruita secondo le planimetrie e i prospetti originari.
Il casone, oggi di proprietà comunale, è ora sede del Museo dell’Agricoltura: ogni stanza è stata riallestita secondo l’uso e il mobilio originario; in cucina, ad esempio, si possono osservare gli strumenti per fare la polenta, come il grande paiolo. Recentemente il Comune ha acquistato un terreno confinante al casone destinandolo a orto didattico, per educare le più giovani generazioni all’importanza della terra e del verde.